3 Aprile 2013
Nuovi criteri europei di valutazione dei fitofarmaci, a rischio soprattutto grano e orticole

Entro il 2013 la Commissione Europea presenterà specifici criteri scientifici per stabilire, prima di autorizzarne l’immissione in commercio, se un fitofarmaco determina effetti negativi sulla salute umana in attuazione di quanto stabilito dal reg. CE 1107/2009.
I criteri generali sono attualmente in fase di elaborazione presso la Direzione Generale Ambiente e dovrebbero essere pubblicati a maggio 2013. Basandosi su tali criteri la Dg Sanco (Direzione Generale per la tutela della Salute dei consumatori) dovrà sviluppare ed adottare entro il mese di dicembre, ulteriori criteri di valutazione ancora più mirati, da utilizzare per stabilire se un fitofarmaco possa o meno essere commercializzato.
L’ultima versione dei criteri per la valutazione dell’impatto di una sostanza attiva, stabiliti dalla DG Ambiente rischia di ridurre drasticamente la disponibilità di fitofarmaci in Europa determinando, così, un impatto sul settore agricolo, molto più ampio di quanto ci si aspettava al momento in cui è entrato in vigore il reg. CE 1107/2009.
Il numero di fitofarmaci disponibili sul mercato per le imprese agricole é diminuito in questi ultimi 20 anni del 60 per cento. Gli studi condotti da diversi Stati membri, in particolare dalla Gran Bretagna e dalla Svezia, dimostrano che l'attuale proposta della Direzione Generale Ambiente comporterà un'ulteriore significativa diminuzione. Gli agricoltori europei subiranno uno svantaggio concorrenziale e una notevole penalizzazione in un sistema economico globalizzato. In particolare, i criteri particolarmente restrittivi proposti dalla Dg Ambiente incideranno soprattutto sul settore dei cereali causando una perdita di 5.6 miliardi di euro.
Il conseguente aumento delle malattie fungine avrà un impatto negativo sulla bilancia commerciale in quanto l'Europa rischia di veder diminuite le proprie esportazioni di grano e di registrare un netto aumento delle importazioni. Oltre a danneggiare le imprese agricole, ciò comporterà un aumento dei prezzi del pane e della pasta ed anche riduzione negli standard di qualità creando ripercussioni notevoli nell'agroalimentare italiano. L'aumento delle importazioni di grano comporterà anche un aumento dei prezzi della carne di maiale e del pollame nei supermercati.
Anche sul piano ambientale, le conseguenze non potranno che essere negative. Con la riduzione del controllo delle malattie delle colture, la quantità di grano prodotto, a parità di acqua e azoto applicati, si ridurrebbe notevolmente. Di conseguenza, aumenterebbero gli effetti negativi delle emissioni di gas per tonnellata di grano in atmosfera. Inoltre, l'introduzione di criteri restrittivi in misura superiore a quanto previsto dal reg. CE 1107/2009, comportando l'eliminazione dal mercato di intere classi di prodotti fitosanitari, indurrà ad un aumento, in quantità e frequenza, dell'uso dei fungicidi rimasti, al fine di poter ottenere le medesime rese.
In particolare, qualora dovessero uscire fuori mercato i fungicidi a base di azoli la riduzione delle rese per quanto concerne la produzione di grano sarebbe tra il 10 e il 20 per cento in quanto diventerebbe impossibile controllare la Septoria tritici e il Fusarium. Gli azoli, infatti, sono essenziali rispetto alla coltura del grano, per il mantenimento delle rese e per prevenire l'insorgenza della resistenza alle malattie. In particolare, in caso di fuoriuscita dal mercato di tali sostanze attive, la perdita media per le rese di grano duro sarebbe del 10.7 per cento, mentre per il grano tenero la riduzione delle rese è stimata attorno al 6 per cento.
Secondo uno studio di Nomisma la mancata disponibilità di azoli comporterà una significativa diminuzione delle rese e della disponiblità totale della produzione: nel breve periodo di 9.8 milioni di tonnellate e nel lungo periodo di 18.6 milioni di tonnellate. I prezzi del grano sono destinati ad aumentare in media ben del 35 per cento in più rispetto al periodo 1990-2012 ed ad essere molto più volatili. Parimenti sarebbe penalizzata la soia, per il mancato controllo della Lepstosphaeria maculans e della Pyrenopepziza brassicae. Un impatto decisamente negativo si avrebbe anche sull'orticoltura.
Inoltre, la fuoriuscita dei ditiocarbammati creerebbe notevoli difficoltà nella produzione di patate soprattutto nei climi umidi dove la Phytophthora infestans é capace di distruggere intere raccolti. A livello europeo si stima che circa l’80 per cento dei fungicidi non potrebbe più essere impiegato. L’impatto su colture importanti come cereali, patate colza e vite sarebbe tra il 10 e il 20 per cento e anche di più nel periodo estivo, con perdite fino al 50 per cento nelle annate nelle quali le patologie fungine delle piante sono più aggressive.
Tali criteri particolarmente restrittivi avranno anche effetti negativi sull’innovazione. In media ogni nuova molecola richiede 10 anni di ricerche e sviluppo con un investimento di circa 200 milioni. Le multinazionali non potranno più giustificare tali investimenti se le nuove molecole possono incrociare criteri eccessivamente restrittivi. Tale sistema di valutazione ha sicuramente un impatto negativo sul commercio globale. L’elaborazione da parte della Dg Ambiente di criteri basati puramente sul pericolo e non sul rischio effettivo è inutile e non conforme all’accordo sanitario e fitosanitario del Wto.
Tra i fitofarmaci attualmente in commercio, ecco quelli che usciranno molto probabilmente fuori mercato quando, scadendo la registrazione, saranno sottoposti ai nuovi criteri di valutazione in corso di elaborazione sulla base del reg. CE 1107/2009:
Sostanza Anno di scadenza della registrazione

Insetticidi
Thiacloprid 2014
Fungicidi
Iprodione 2013
Mancozeb 2016
Maneb 2016
Quinoxyfen 2014
Erbicidi
Ioxynil 2015
Linuron 2013
Molinate 2014
Pendimethalin 2013

I fitofarmaci che, invece, possono uscire fuori mercato sono:
Insetticidi
Delmetrine 2013
Fungicidi
Metiram 2015
Propiconazole 2013
Thiram 2013
Tepraloxydim 2015

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