FOSSERO "solo" i pomodori, le mozzarelle, il prosciutto, il latte. No, c'è anche la pasta. Manco quella è più "made in Italy". Ci stanno fregando tutto, anche il piatto nazionale per eccellenza. O forse ci stanno fregando e basta. Quasi la metà dei nostri prodotti da tavola, anche se "batte" ufficialmente bandiera tricolore - sul marchio, sull'etichetta, nell'ammiccante descrizione intrisa di orgoglio nazionale - proviene dall'estero; o è lavorata con materia prima che arriva da oltre confine. Dai paesi del Nord e dall'America latina. Dal cuore del vecchio continente e dall'Est europeo. Partono da lontano le derrate dell'import farlocco: in molti casi, sembra incredibile, dai territori dei nostri competitor diretti. Quelli a cui poi rivendiamo il made in Italy. È un furto del quale stiamo vivendo gli effetti drammatici - dice Sergio Marini, presidente di Coldiretti - . Il taroccamento dei prodotti alimentari è un fenomeno doppio. Da una parte c'è l'utilizzo a livello nazionale di materie prime importate da vendere come italiane. E questo avviene a causa della mancanza dell'obbligo di indicare l'origine in etichetta. Penso per esempio ai pecorini, a eccezione di quello romano, e al pomodoro. Dall'altra c'è la pirateria internazionale che utilizza impropriamente parole, colori, località, immagini, denominazioni, ricette che si richiamano all'Italia per prodotti che non hanno nulla a che vedere con la penisola". In entrambi i casi, è evidente, il guadagno è enorme. "Che sia un pirata del cibo o una multinazionale famosa, il principio di base è lo stesso: lucrarci sopra il più possibile. Prendendo in giro i consumatori alla faccia del made in Italy"."Va sostenuta in Parlamento l'approvazione del disegno di legge sull'etichettatura obbligatoria di origine degli alimenti (già ampiamente condivisa in Senato sia in commissione agricoltura che in aula) - ragiona ancora Sergio Marini - Un segnale incoraggiante è appena arrivato dal Parlamento europeo che ha votato finalmente a favore dell'obbligo di indicare il luogo di origine/provenienza per carne, ortofrutticoli freschi e prodotti lattiero caseari". Lo stato dell'arte è un mezzo ginepraio. Alcuni cibi si portano addosso l'etichettatura con l'indicazione di provenienza; altri ne sono privi. Del primo elenco fanno parte, o dovrebbero farne, la carne di pollo e derivati e la carne bovina, la frutta e le verdure fresche, le uova, il miele, la passata di pomodoro, il latte fresco, il pesce e l'extravergine d'oliva. Nel secondo troviamo la pasta, la carne di maiale e i salumi, la carne di coniglio, di pecora e di agnello, la frutta e verdura trasformata, i derivati del pomodoro diversi dalla passata, i formaggi, i derivati dei cereali (pane, pasta). Un bel paniere sul quale nessuno può garantire e dunque nessuno, in teoria, è garantito. E' qui che agiscono i banditi della tavola: minimo investimento, massimo profitto. E un bel arrivederci all'eccellenza italiana.
3 Settembre 2010
Pasta, sugo e mozzarella a tavola 60 miliardi dal finto made in Italy